Disseminare gesti pe(n)santi, archiviare danze di gravità. Spostamenti e passi nella ricerca
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2036-1599/4985Abstract
L’intervento ha lo scopo di condividere alcuni i passi o “spostamenti” che di recente muovono la mia ricerca. Dico ‘spostamento’ perché, nell’andamento della mia attività investigativa post-dottorale, restano centrali alcune direzioni d’indagine ovvero: il “femminile”, e l’ incalcolabile creatività con cui le donne si espongono nella coreo-grafia; e “l’archivio”, uno spazio di memoria incorporata e di sopravvivenza, che continua a sfidare la presunta effimeralità della danza. Non mi sono allontanata da queste due aree di analisi, eppure mi sono “mossa” – lì dove il movimento si fa pensiero, e il pensiero si fa spaziamento, apertura e distanza - verso nuovi interrogativi, gesti ed eventi da osservare. Attraverso gli strumenti metodologici forniti dagli studi culturali e postcoloniali e prendendo in prestito alcuni assunti della critica decostruzionista, danzo e scrivo tra i confini labili della danza, della video-danza e dell’installazione digitale, per rintracciare i semi – i gesti – degli eventi lasciati dalle memorie delle scritture femminili e altre. Consulto un Matriarchivio: un luogo di archiviazione immaginaria dove le donne-coreografe si fanno arconti, “cominciano” e “comandano” nuove pratiche di movimento per ricordare la danza e danzare la memoria del corpo femminile, la sua affermazione, il suo peso e il suo pensiero. Indago, più specificamente, la tecnica e la poetica della gravità come forza negata o assecondata, come legge storicamente archiviata e dispersa (Maya Deren, The Very Eye of Night, 1958), ri-posizionata sulle architetture liquide del digitale e quelle dello spazio urbano (Erika Janunger, Weightless, 2006) fino a disseminarsi oltre, e nell’altrove, della video installazione (Nisrine Boukhari, The veil, 2006).
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