«Non muovere né l’anima senza il corpo, né il corpo senza anima». Le pratiche del ritmo nel “Timeo” e nelle “Leggi” di Platone
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2036-1599/20923Abstract
Nel pensiero di Platone l'attività ritmica assume un'importanza fondamentale: essa è intesa dal filosofo come capacità degli esseri umani di sintonizzarsi con i ritmi del cosmo e di partecipare della forza cosmogonica del demiurgo, ordinatore e “coreografo” dell’universo. Nel Timeo, proprio grazie alla sua dimensione cinetica e ritmica, la pratica dell'imitazione dei ritmi degli astri è concepita da Platone come la principale cura degli “squilibri” a cui l'anima va incontro quando si incarna in un corpo mortale. Nelle Leggi, invece, Platone fonda sulla suddetta capacità del ritmo e del movimento, attività che si accompagnano al piacere e alla gioia, la teoria dell’educazione per mezzo della danza corale.
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